Raramente mi son sentita davvero sola, devo ammetterlo. Che se avevo un problema, fingevo non ci fosse, e andavo in mezzo al rumore, che tutto rende come l’ovatta. E invece adesso l’ovatta l’ho tolta, strappata a morsi dalle orecchie, e lo sento il rumore e sento il silenzio, e adesso che parlarti non posso, perché tu non mi ascolti, questo silenzio è così forte che fa rumore. E visto che l’ovatta l’ho buttata, mi becco il rumore e pure il silenzio. E vivo nel frastuono e sento la mancanza della melodia muta e sono nel silenzio e mi mancan le parole, avevo solo quelle, che rendevano piacevole la quiete. Indietro non si torna, le persone semplicemente se ne vanno e non puoi dire torna indietro. E se lo dici passi per fessa, e ci passi volentieri quando all’affetto dai un valore che esula dal silenzio e dal frastuono, perché l’affetto alla fine è ritmo, sia che abbia toni alti o impercettibili, ma lo senti e solo quello è importante. Se togli l’ovatta ti godi il frastuono e pure il silenzio. E mentre tu te ne vai a passi leggeri, io sento il ticchettio che si fa più lento fino a diventare impercettibile, e allora mi percuoto, e faccio finta di niente e mostro apertamente, così faccio rumore io.
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Credo sia stato una fortuna conoscerti.
“Così faccio rumore io” è notevole, m’è piaciuto. Mi sa che ti rileggerò ancora.
[Ste]
Troppa grazia, ti rileggerò anche io molto volentieri
Be’, più che rumore, qui fai musica 🙂
Grazie! Si vede che mi piace, la musica, vero?
L’affetto, un ritmo che si sente. Più forte, più piano, ma si sente, se si toglie l’ovatta. Mi piace questa immagine.
Ciao Carlo. Giusto, l’affetto è ritmo per me 🙂
Sì, si sente… non solo per il ritmo, ma anche per… lo scrivo nell’altro post, “La notte che ho parlato col vento” 😛
Adoro, adoro “E vivo nel frastuono e sento la mancanza della melodia muta e sono nel silenzio e mi mancan le parole, avevo solo quelle, che rendevano piacevole la quiete. [cit.] ” 🙂
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