“Ma non è che adesso mi diventi tutta ciccia e brufoli?”.
Marco si sta facendo la barba. Livia è seduta al tavolo della cucina e imburra una fetta di pane. Lei stamattina si è alzata bene, con il sorriso. Non capitava da otto mesi. Livia oggi ha deciso di ascoltare la dottoressa e di provare a mangiare. E’ la prima vera colazione dopo otto mesi di insalatine e pianti nascosti, di scuse e mal di testa per evitare di cenare tutti assieme, e quando le scuse non bastano ci sono gli attacchi di vomito, che arrivano rigorosamente di notte. Marco dorme di là, nella camera da letto, e non sente. In otto mesi Livia ha abbracciato di più la tazza del water che le sue amiche. Loro si sono accorte di tutto e glielo hanno detto.
“Livia, che cazzo stai facendo? Quanti chili hai perso?”
Quindici.
A Marco lo hanno dovuto spiegare loro, Franca e Giulia, che Livia aveva qualcosa che non andava.
“A me lei piace anche così”, si erano schernito lui quando le amiche lo avevano invitato al bar per parlare. Non si era accorto di niente. Mica aveva notato che lei non mangiava più. Sapeva che era a dieta.
“ Ma le donne lo sono sempre, vero?”
Marco e Livia vivono assieme da sei mesi. E il fatto che lei abbia perso in fretta dieci chili, disse lui alle sue amiche quel giorno, per lui era solo un segno di rispetto per se stessa.
“Sono quindici? Non me lo ha detto. Io la vedo bellissima. Non è che voi state esagerando?”, si schernì quando Franca e Giulia passarono ai dettagli.
Livia al pub era considerata da tutti gli amici una sorta di modella dal fisico perfetto calata in un paesino alla periferia di Padova. Per loro vederla entrare al bar era come avere a portata di mano una di quelle belle donne che di solito vedi solo su qualche cartellone pubblicitario. Marco era orgoglioso.
“Le mestruazioni? Boh, robe sue”, ribatté lui quando Franca e Giulia precisarono che non era tutto così perfetto.
“Livia ama i jeans stretti, le magliette aderenti, gli stivali anche d’estate. In discoteca d’estate io lei saliamo assieme sul cubo e balliamo ore. Siamo bellissimi. E’ normale che ci tenga al suo fisico”. Ma l’obiezione venne sommersa da altri particolari.
“A me basta che stia bene”, fu la sua ultima parola.
E le amiche pensarono, quel giorno, che aveva capito tutto. E fissarono l’appuntamento per Livia dalla dottoressa.
“Il suo compagno che dice?”, chiese la psicologa a Livia al termine della quinta seduta.
“Dice che mi ama, così come sono”, rispose lei.
Due mesi dopo, Livia si è alzata e ha deciso di fare colazione, come tutti.
Si sente meno stanca del solito. E sorride. Le piacevano le colazioni con il burro e la marmellata a casa della nonna. Il pane era caldo, appena fatto.
Marco si sta facendo la barba in bagno.
“Fai colazione?”, le chiede lui.
“Sì. Pane, burro e marmellata”, risponde lei.
“Non è che adesso mi diventi tutta ciccia e brufoli?”.
Marco poi scoppia a ridere. Livia lo ascolta e ferma la mano.
Posa sul piatto il coltello con il pezzo di burro, scansa il pane e pure il vaso di marmellata. Chiude il barattolo dello zucchero.
“Mi ameresti lo stesso, vero Marco? Se fossi grassa?”.
Livia glielo chiede, alzando la voce, mentre va a spegnere il caffè che brontola dentro la moka sul fuoco.
“Ti amo. Così come sei”.