Otello ha quasi sessant’anni, fa l’impiegato all’ufficio del Catasto. E’ vedovo da cinque anni e da quando sua moglie Algisa è morta, per un tumore all’utero, non è mai andato a comperarsi da vestire da solo. Prende l’autobus per andare in ufficio tutte le mattine alle 7.30, così ha tutto il tempo di bere un caffè con i colleghi prima di salire.
Alle 13 fa la pausa pranzo con un panino e una coca cola al bar a fianco del palazzo del Catasto. Alle 16.30 esce per tornare a casa, va a prendere l’autobus a due fermate di distanza dall’ufficio, così si impone di camminare.
Ogni giorno Otello passa davanti alla vetrina di un negozio di intimo, uno di quelli delle grandi catene che si trovano anche nei centri commerciali. Sta a pochi passi dalla fermata del bus. Non si ferma mai a guardare, perché a lui l’intimo non serve. Algisa, prima di morire, aveva imparato ad usare il computer, stava sempre a casa da sola, attaccata alla flebo e si annoiava, e così aveva scoperto internet e il commercio elettronico e un giorno, approfittando degli sconti di un negozio online, gli aveva comperato delle mutande e delle canotte grigie, bianche e blu. Solo che nel digitare l’ordine aveva sbagliato qualcosa perché erano arrivate a casa sessanta mutande e sessanta canotte.
Poi le sue condizioni si sono aggravate e nessuno ha pensato più a contestare l’invio di quel carico. E a cinque anni dalla sua morte, Otello aveva ancora l’armadio pieno di slip e magliette di cotone grigio, bianco e blu. A lui non serve molto.
Le camicie che gli aveva comperato la Algisa sono ancora perfette, i vestiti gli vanno benissimo tanto non è ingrassato di un etto. Compera solo le scarpe, due paia l’anno e gli va bene così. Ogni pomeriggio prima di rincasare va all’alimentari vicino a casa e prende o un etto di cotto o un etto di prosciutto crudo, un pochino di verdure cotte già pronte oppure quelle grigliate nella vaschetta dall’alluminio, poi due panini, la bottiglia di minerale. E sta a posto per la cena. Il vino lo prende al bar da Ettore. Un bicchiere di cabernet o due se la giornata è stata particolarmente pesante. Li beve al banco prima di salire in casa.
Sua moglie gli alcolici in casa non li aveva mai voluti, facevano tanto povertà, gli diceva, e allora lui si è abituato e anche adesso che sta solo da cinque anni continua a rispettare quell’imperativo del passato e il vino, che gli piace, lo beve solo al bar, tra un discorso e l’altro con l’amico Ettore.
Poi la sera quando sta sul divano a vedere la televisione, ogni tanto pensa che sarebbe stato bello uscire.
Annalisa a 50 anni si sente ancora una bella donna. Certo ha qualche capello bianco che nasconde, astuta, con la tinta castano miele ogni tre settimane; ha anche qualche chilo di troppo, specie sulla pancia, ma gli uomini di solito si fermano ad osservarle il decolletè ancora rigoglioso, strizzato dentro i reggiseni pieni di pizzi che le piacciono tanto. Che poi a lei non costano praticamente niente, visto che li vende. E’ la padrona di un negozio di intimo sulla strada che dal palazzo del Catasto porta al centro. Ogni giorno si sveglia e tiene il conto delle rughe sotto gli occhi, va a preparare la colazione alla figlia che dorme ancora e poi si beve il suo caffé sul terrazzino, guardando fuori. E si fuma la prima delle sue venti sigarette giornaliere. Ha cominciato a guardare fuori al mattino presto quando Enzo le ha detto che non si potevano più vedere, perché la moglie gli ha dato l’ultimatum.
O a casa o fuori di casa, da solo.
Da dieci anni Annalisa era l’amante di Enzo e lei si era abituata al fatto che non avrebbe mai dormito con lui, perché Enzo la sera dormiva con la moglie. Ma anche in quella situazione precaria
Annalisa era convinta di aver trovato una serenità. L’abitudine di un affetto feriale, possibile dal lunedì al venerdì, weekend e feste comandate escluse. Enzo con lei non aveva mai fatto lo stronzo, non le aveva mai promesso di sposarla. Ma lei un pochino aveva sperato, specie quando arrivava Natale e il 23 dicembre organizzavano sempre una cenetta in casa e lei apparecchiava tutto come se fosse il cenone della vigilia. E quando lui stappava lo spumante, lei per un attimo, ogni volta per dieci anni, ci sperava che lui le dicesse che non tornava a casa e dormiva da lei.
Invece una sera di sei mesi fa lui si è presentato alla porta, con la faccia preoccupata, e senza manco entrare le ha detto, lì, sul pianerottolo, che non si dovevano più vedere perché la moglie non voleva. E Annalisa si è abituata al mattino ad uscire in terrazzo a fumare e a guardare verso il fondo della strada. All’inizio lo faceva per piangere di nascosto, poi per vedere se lui arrivava. Poi non ha più guardato lontano. Adesso fatica anche a vedere chi passa davanti alla vetrina del suo negozio.
Otello e Annalisa si sono guardati negli occhi, attraverso il vetro della vetrina del negozio, una mattina qualunque, di quelle che non ricordi bene che odore c’era nell’aria.
Lui è passato davanti al negozio mentre andava alla fermata e si è fermato lì davanti per tirar fuori dalla borsa i fazzoletti. Lei stava sistemando uno dei manichini, era senza scarpe sopra la pedana e teneva la faccia verso il pavimento per sistemare la base.
Lui si è girato verso la vetrina, senza alcun motivo.
Lei, in quel momento, ha alzato gli occhi.
Si sono guardati.
Sono rimasti lì a fissarsi cinque minuti buoni, anche se non c’è la prova di un cronometro a testimoniarlo.
Lui ha visto Annalisa e ha pensato che occhi così belli ne aveva visti raramente, forse da ragazzino al mare con i suoi sulla spiaggia di Jesolo quando con gli amici giocava a costruire i castelli di sabbia e guardava le ragazzine tedesche, le prime turiste del litorale, con le trecce bionde e il pallone a spicchi gialli, rossi e verdi, sotto il braccio. E c’era una ragazzina che aveva quegli occhi lì. Come si chiamava? Chi si ricorda. Otello ha pensato, poi, che dopo Algisa non ha più toccato una donna.
Lei ha guardato la faccia di Otello e ha pensato che quel signore aveva dei capelli bianchi bellissimi, di un colore che le ricordava la neve, quella che erano anni che non vedeva più, perché
per stare con Enzo aveva anche smesso di andare a sciare. Aveva dimenticato la passione per la neve.
Adesso tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, di pomeriggio, tra le 16.30 e le 17, Otello e Annalisa si guardano e si sorridono attraverso la vetrina del negozio di intimo. Lei non guarda più lontano, la mattina in terrazzo, ma in compenso in negozio alle 16.30 dalla postazione della cassa tiene il viso puntato verso la vetrina per vedere se passa il bel signore con i capelli bianchi.
Lui ogni giorno si inventa una scusa per fermarsi là davanti a cercare lo sguardo di Annalisa in mezzo ai manichini e alle clienti indaffarate. L’unica scusa sarebbe entrare per comperare qualcosa, ma ha sessanta paia di mutande in armadio e non se la sente.
Lei potrebbe uscire a fumare una sigaretta ma ha deciso che deve smettere.
E allora stanno lì a guardarsi. E lui si sente in spiaggia e lei sta sdraiata in mezzo alla neve.