C’è un momento preciso. E noi lo sentiamo sempre, anche se facciamo finta di niente. La vita delle donne è scandita da momenti precisi, da segnare sul calendario della vita.
La prima mestruazione, quando ti senti all’improvviso come se fossi in preda ad una leggera febbre e la pancia ti pare che abbia voglia di squarciarsi da sola, si gonfia tutta, e ti senti strana come mai sei stata, neanche la prima volta che hai bevuto dell’alcol. E poi quel sangue, che ti esce tra le gambe, che lo vedi e temi di morire e poi passi gli anni a rasserenarti quando arriva.
La prima volta che dai un bacio, che ti senti la lingua, la tua, che comanda il cervello e non puoi smettere e ti vergogni nel farlo e nello stesso tempo hai zero voglia di resistere e di vergognarti e ogni movimento della lingua, la tua, sì, ti ordina di spegner tutto, il cervello, prima della bocca. E ti piace.
La prima volta che ti tocchi, che sei là in mezzo alle Barbie, e ti senti imperfetta; la bambolina ti fissa tronfia, bionda e magra, e te vorresti esser lei e invece sei così diversa, oddio, così gonfia e così castana, e lei non ha le mestruazioni e non ha peli, se non capelli di plastica, e guardi Ken e lui non ha escrescenze e non capisci da dove passi e come vada e che succeda. E poi ti sfiori con un dito tra le gambe e senti qualcosa che ti esplode dentro e lì c’è quello che ti fa felice. Era lì e nessuno te lo aveva detto.
La prima volta che lui ti penetra, il suo cazzo dentro di te, indeciso all’inizio e poi convinto, che fino a quel momento ti pareva una sorta di strana escrescenza e non capivi a che serviva, lì in fondo, che te non ce l’hai e a che serve e invece adesso c’è, dentro di te, e vuoi solo che finisca in fretta, che senti male, e poi passi gli anni a sperare che non esca mai, che ti pare di avere un vuoto là, dopo. E ti piace, riempirlo quel vuoto.
La prima volta che dici che ami, che hai il cuore spiaccicato sul letto, assottigliato sotto i colpi del batticarne. Una, due, dieci, cento volte. E davanti a due occhi verdi, che tutto hanno adesso e tutto vogliono, te ti senti all’improvviso solo ritmo e lo dici, che ami, che il cervello ti si è spento ed è musica. E capisci a cosa serviva la Barbie e il tuo dito, quando esploravi, sola.
La prima volta che lo senti che vuoi un figlio, che te manco ti sopporti da sola eppure adesso vuoi solo moltiplicarti, dopo questo amplesso, che tremi, hai il cuore ad un ritmo e la gamba ad un altro e pensi che stai morendo e dopo pensi che l’amore, se non ti ammazza, allora, porcocane, si sparge e vorresti esser una appendice, con lui. Un fiore che spunta dal fango grigio.
La prima volta che ti senti fragile, che ti esce da dentro quel moltiplichiamoci che noi belli, questo fango lo superiamo con un ponte tibetano. Ondeggia sì. E se ti va bene, non senti l’eco solitario della tua voce.