Te che non ci sei sempre, perché sempre sarebbe normale.
Te che arrivi e molli la borsa appena oltre la porta d’ingresso e la prima cosa che fai è un bacio, lento, con la lingua che è velluto che mi squaglia, dentro. E io sono solo panna.
Te che mi parli, senza parlare, e mi dici fammi stare bene. E ti togli il giubbotto con rabbia, perché è di troppo e lo sai. E io sono solo piede che chiude con rabbia la porta e ti dice sì, adesso ti faccio stare bene.
Te che mi sorridi, scosti il ricciolo e mi spingi contro il muro e io sono solo velluto che si strofina su di te.
E allora, solo allora, ti dico ciao. E te, aggrappato ai miei fianchi, solo allora, mi dici ciao. Che io e te lo sappiamo che ce lo eravamo già detti, ma dopo l’apnea escon le parole.
A noi basta il ciao che ha dentro il quanto è bello vederti e il quanto ho bisogno, ora , che te, che io, che io con te, che te con me, mi fai stare bene.
Te che mi spogli e io sono solo un vestito dall’inutile peso.
Te che ci metti niente a togliermi il di più che non ci sta. E io sono solo mani che ti aprono la camicia, svelta, bottone per bottone.
Te che lo sai che seppur cieca la tua pelle la riconoscerei tra tutte, solo con uno sfioro del dito, E io sono solo olfatto e tatto.
Te che mi guardi nuda e mi togli gli occhiali, che mi vuoi miope e scapigliata e mi spingi sul letto. E io sono solo un rumore sordo, che parte dal mio fondo.
Te che ti abbassi e guardi quel che vuoi. E io sono solo sorriso.
Te che guardi me che sorrido perché ho quel che voglio e ridi. E io sono solo labbra.
Grazie a Lawrence per la foto che ha suggerito il resto 🙂