Io debiti nella mia vita, finora, manco uno. Sarà capitato massimo tre volte di aver lasciato il pane da pagare all’alimentari sotto casa ma io entro sera torno e saldo e comunque se ho lasciato il conto da pagare era perché loro, quelli dell’alimentari, non avevano da darmi il resto. Me le ricordo quelle giornate passate con il fastidio, lieve, addosso, di non aver fatto il giusto.
No, io i debiti non li faccio. Mai.
Non chiedo soldi in prestito e non faccio credito a nessuno. Mi viene da sorridere mentre lo scrivo. Non faccio credito a nessuno, io. Come potrei? Lavoro da vent’anni in un’agenzia di recupero crediti. Sono un esattore, quello che arriva nelle case quando gli avvertimenti telefonici e le raccomandate di intimazione a pagare non hanno sortito effetto. Arrivo io e pignoro, cioè confisco beni che secondo me arrivano ad avere il valore del debito, spese accessorie e more comprese.
Mi presento bene con il doppiopetto grigio antracite e la cravatta blu, la camicia bianca e le scarpe nere, non cedo ad alcun discorso in dialetto, scandisco bene le parole anche per presentarmi quando suono ai campanelli per farmi aprire. A volte dico chi sono e non mi aprono, segno il nome sulla lista con una x e così mi ricordo che ci devo tornare o telefonare per far capire che faccio sul serio.
Se mi aprono la porta e mi fanno entrare, io non accetto caffè e bicchieri d’acqua, dolci e discorsi lacrimevoli. Apro la cartellina con la pratica, quantifico il dovuto e procedo al pignoramento. Se tentano di provocarmi insultandomi, e capita sempre più spesso, mantengo la calma e faccio quel che devo fare. Se mi mettono le mani addosso per aggredirmi, chiamo i carabinieri. E scatta la denuncia.
Non risparmio nessuno, se mi insultano faccio finta di non sentire, se mi aggrediscono li denuncio. Ho già collezionato una risma di querele di parte che il mio capo ogni volta che mi vede, per scherzare, mi chiama “Terminator”. Io sorrido, penso che magari prima o poi faccio carriera meglio di lui, e che di simile a Schwarzenegger non ho neanche una falange del piede. Tra l’altro io ho i piedi piatti. Non me lo vedrei un colosso così camminare come me.
Quando finisce la giornata di lavoro e torno a casa cerco di dimenticarmi in fretta le tante facce incontrate durante il giorno.
Da un anno a questa parte sono sempre di più: ho una ventina di pratiche al giorno e comunque più di dieci appuntamenti non riesco a farli. Perché si perde tempo. Ad aspettare che aprano, se aprono, e poi che la smettano di piangere, bestemmiare, implorare, insultare, prima di capire che resteranno senza macchina, tv o frigorifero quando io avrò finito.
Fanno debiti per tutto, del resto. Macchine non pagate, rate dei computer e dei cellulari non saldate, frigoriferi, cucine. Soprattutto rate delle carte di credito. C’è gente che ne ha dieci, le revolving, e spende e perde il conto dei soldi spesi e poi vorrebbe tanto giocare alla roulette russa con una pistola alla tempia. Sarebbe meno fastidioso che incontrare me.
C’è quello che è in cassa integrazione e non ce la fa a pagare le rate della casa arredata con la moglie. C’è quello che chiede prestiti e poi si gioca 500 euro in un pomeriggio coi “gratta e vinci” perché metti che la fortuna ci veda bene. Rigorosamente quella, la fortuna, sta guardando da un’altra parte.
C’è anche quello, però, che gira con due porsche e ha un appartamento da urlo, che quando ci sono entrato mi è venuto da togliermi le scarpe per non rovinargli il parquet, e lui non aveva pagato le rate della macchina del figlio. Perché tanto, mi ha detto, chi va a controllare?
I cassintegrati si mettono a piangere, quelli ricchi e spesso lo sono non per capacità ma perché non pagano niente, manco i 300 euro del restauro del mobile del nonno, mi ridono in faccia e mi sventolano davanti il biglietto da visita del loro avvocato. Mi chiamano tutti allo stesso modo, comunque: sciacallo, rovinafamiglie, testa di cazzo; esattore di merda. Dovrei fare differenze?
No.
Sono facce che dimentico in fretta dentro la pratica a loro assegnata. Spesso mi toccherà riprenderlo in mano il fascicolo per farli pagare. E allora magari torno a ricordarmi qualcosa.
Mi è capitato di pignorare anche qualche ex fidanzata di un tempo, non ho concesso attenuanti del cuore.
Gli amici del bar mi dicono che sono cinico, che loro non ce la farebbero mai a fare il mio lavoro. Lo vedo che a modo loro mi stimano, incuto anche un pochino di timore.
Io quando mi chiamano così, cinico, ho un lieve fremito alla patta dei pantaloni.
I miei amici del bar li capisco, sono offuscati dai sentimenti che invece io tengo a bada, lontanissimi da me da anni, e vivo bene uguale. Non mi sono sposato, avrei potuto, mi sarebbe piaciuto. Non è andata.
Perché? – So che me lo vuoi chiedere.
Che ti frega, per me sei un anonimo qualunque. Avessimo bevuto almeno due spritz assieme coi ragazzi del bar, allora, forse, dopo aver allentato il nodo della cravatta, e ripeto forse, ti direi qualcosa. Di solito non lascio sospesi manco se sono ubriaco e quello non mi capita affatto di rado.
Sappi, comunque, e ti basti per ora, che le donne sono i più grandi esattori che ci siano in circolazione ma non è un caso se loro questo lavoro preferiscono non farlo. Perché per loro, le donne, i soldi contano molto meno delle sensazioni.
Prova a mettere una bella donna un anno in una casa lussuosa, piena di gioielli e vestiti alla moda. Dopo un anno, quando le sarà passata la voglia di giocare alle bambole, e si sarà ricordata chi è lei davvero, ti manderà a quel paese se non l’avrai vestita e curata a suon di sensazioni.
Quelli che dicono che le donne guardano al primo appuntamento la macchina che hai e se hai il portafoglio pieno di soldi sono degli emeriti imbecilli. E’ tutta una finta, solo i cretini ci cascano.
Le donne sono specialiste dei sentimenti, ci sguazzano; senza quelli sono pesci che boccheggiano e allargano le branchie per non morire. L’occhio gli diventa subito giallo.
Se sei guardingo o hai una paura fottuta, loro ti annusano come i cani e lo sentono l’odore che hai dentro. Se ti tieni lontano loro ti ronzeranno attorno come mosche sulla merda. E la puzza la sentono, ma ci mettono sopra un sacco di nomi diversi.
Non è che amano i bastardi, sono solo abituate ad averci a che fare. E comunque, loro, le donne, riscuotono sempre. Ma non in denaro, in dignità e autostima. Se ti portano via casa e stipendio in alimenti, e adesso bestemmi in aramaico contro la loro avidità, quando ti metterai al tavolino a fare bene i conti della tua insulsa vita capirai che l’ammontare non sarà mai superiore al valore della tua dignità persa.
E allora come con i clienti del recupero crediti, clienti obbligati, che loro proprio non vorrebbero esserlo, io con le donne sono assolutamente un cinico. E me ne vanto. E non ci voglio avere niente a che fare. A meno che non sia io il cliente.
Se ho un prurito, anche adesso c’ho il fremito, solo a scriverla la parola cinico, prendo la macchina e vado a farmi un giro. Una da pagare per 20 minuti la trovo sempre. Una faccia come tante, di quelle che non ricordo. Cinquanta euro e non ho neanche il problema di dovermi ricordare il nome di lei. Poi le cose si chiamano con i nomi che devono avere: culo, pompini, stai zitta.
Con le puttane è tutto semplice. Il cliente sono io, loro non mi vedono come un portatore sano o insano di sentimenti. Io sono semplicemente un lavoro. Pago, ottengo, mi rimetto i pantaloni e ingrano la prima. Loro se non riscuotono o se le picchi, chiamano i carabinieri. Altrimenti è tutto semplice, senza debiti.