Mi dispiace di svegliarti
forse un uomo non sarò
ma d’un tratto so che devo lasciarti
fra un minuto me ne andrò.
Già il fatto che uno si fa chiamare Dodi dovrebbe essere la spia che ti mette in guardia. Sentire le mie amiche che chiamano il loro uomo “ciccino” mi provoca una semiparesi alla mascella destra e resto giorni interi alle prese coi dolori; figurati se devo andarlo a presentare alle mie amiche uno che si fa chiamare così.
“Tesoro, ti presento Dodi, il mio ciccino”.
Oddio, no.
Non fatemi ridere che resto con la paresi un mese. Non posso farlo perché ho un compito. Cancellare questa canzone dalla faccia della terra. E far dimenticare le parole di uno stronzo.
E non dici una parola
sei più piccola che mai
in silenzio morderai le lenzuola
so che non perdonerai.
E ti credo bene che non ti perdona, brutto invertebrato. Non l’ha mai fatto, specie dopo che hai inciso. Ecco.
Dodi, potrebbe esser il nome giusto di uno stercorario da salotto. Uno di quegli scarabei che trasportano le palline di merda per farsi capanna e seguono solo una linea retta.
Cascasse il mondo non deviano, loro. Via diritti e se c’è una salita, arrancano, ma procedono. Passano sopra a tutto.
Mi dispiace devo andare
il mio posto e là
il mio amore si potrebbe svegliare
chi la scalderà.
Strana amica di una sera
io ringrazierò
la tua pelle sconosciuta e sincera
ma nella mente c’è tanta, tanta voglia di lei.
Ho un compito: far dimenticare al mondo che questa canzone esiste. Era il 1971 quando i Pooh dopo tre anni di oblio, che potevano esser sufficienti per farli finire nel dimenticatoio delle cose vecchie, se ne sono usciti con questo singolo.
Io ero nata da due anni, allora. Questo significa che, senza rendermene conto, a due anni mentre giocavo sotto casa coi ragazzini della via, e si imparava la differenza tra maschi e femmine, questa canzone, trasmessa dalla radio, faceva i suoi terribili danni. Loro, i bimbi, la ascoltavano. E pure io. E molti di loro l’hanno cantata poi, da grandi, alle sagre e ai karaoke. E si sentivano romantici nello sforzare l’ugola per azzeccare la giusta intonazione. E metterci pathos. Perché si canta con la gola e la pancia. Il diaframma mica è cosa statica.
E se vuoi sembrare il Dodi che canta, ti devi immedesimare.
E loro, i maschi, cantano. Pensando che raccontar, con l’ugola e la faccia, sta canzone li renda uomini capaci di amare.
Se non l’avete capito, questa canzone non parla di amore. Semmai è il racconto di un pentimento. E’ un inno all’ipocrisia. Se incontro un uomo e mi canta questa canzone, io lo sputo e me ne vado. Non mi fido.
Non perché tradisce, ma perché si pente. E se si pente quando devia dalle sue personali regole e non procede diritto come lo stercorario, significa che lo fa per prurito.
Che è cosa ben diversa dalla voglia. E con uno così, che poi si pente, è meglio farci una partita a tressette che condividere cose importanti come le carezze, i baci, i fluidi e i pensieri.
No. Un uomo che ama la sua donna e se ne accorge solo quando sta nel caldo letto di un’altra, cosa è se non uno stanco e deluso. Uno che non sa che doni tiene tra le mani.
Perché le persone, le donne in questo caso, non sono oggetti che sposti e nascondi e tiri fuori alla bisogna.
E io non parlo mica di quella che è a casa, ignara e amata. Io agisco per vendicare la sincera sconosciuta, quella che canta il re ipocrita che finge un affetto che non c’è mai.
Vendico la cretina che da quarant’anni ascolta quella canzone e si sente una che se non c’era era uguale.
Lei si muove e la sua mano
dolcemente cerca me
e nel sonno sta abbracciando pian piano
il suo uomo che non c’è.
Mi dispiace devo andare
il mio posto e là
il mio amore si potrebbe svegliare
chi la scalderà.
….nella mente c’è tanta, tanta voglia di lei.
Io entro nelle case degli uomini, entro nelle loro macchine, nei loro bar, scruto nei loro mp3, nelle selezioni del Mac.
Vago nelle loro discografie e cerco quel titolo. E quando lo trovo, cancello.
Finora sono arrivata a quota 1.321. So perfettamente che sarà un lavoro lungo, ma io non dimentico. E procedo. Oramai non ci faccio più caso. E’ automatico, come l’odore che percepisce il cane da tartufi.
Cd, file, vecchi lp. Se la trovo, la faccio sparire. Non serve che io con questi uomini abbia qualcosa da spartire. Basta una educata conoscenza. Se mi aprono le porte di casa e io trovo una traccia di “Tanta voglia di lei”, è matematico che il modo lo trovo per far dimenticare Dodi, la sua ipocrisia e quella cretina, che quarant’anni dopo, ha tutto il diritto di sentirsi una che non è passata per caso.
Se la cantano, invece, quegli uomini che incrocio possono scordar la mia faccia. Sono cause perse.
Per fortuna, il 1971 non fu solo una corsa diritta per gli stercorari. Fu l’anno di “Starway to heaven” dei Led Zeppelin e di “Imagine” di John Lennon. E fu l’anno di Battisti che cantava anche Endrigo , nel volume quattro. Quello che diceva
il mio pensiero ti seguira’
saro’ con te dove andrai
senza di me
tu partirai per altri mondi
ti perderai
tra gente e strade sconosciute
non ci saro’
quando qualcuno mi rubera’
gli occhi tuoi.
E dicevano che era triste.
Mai stato più fiero di NON possedere della musica.
Anzi forse sì, ma Apicella mi sa che è fuori concorso.
posso affidarti il mio ipod tranquillo, mai vide una traccia dei pooh …
condivido tutto, ma proprio tutto quello che hai scritto
pooh. lo sputo sta già nel nome.
non sai…non sai…quanto io odi quella canzone! Mi fa venire i brividi, mi fa vomitare, mi fa rivoltare lo stomaco! Questa cosa di cancellarla è fantastica (ma ti devo dire una cosa…i pooh sono molto ascoltati in veneto, io prima di venire ad abitarci non conoscevo nessuno di età inferiore ai 40 che li ascoltasse…)
Mitia ti adoro!
Pure Io sono del 1971, ma dei Pooh non ne ho mai sentito parlare !!!!!
Ascolto solo Metallica e qualche altra cosa “Soft”
…
Baci, Mitica Mitia …
Cronicamente indietro con i post, questo non l’avevo ancora letto. Adesso vengo lì e ti bacio.
ma quanto mi piaci tu? eh.. quanto?
hai delle capacità enormi cara mia. Ogni tanto ho bisogno di dirtela questa cosa qui.
se non ci fossi tu, mastra 🙂
Raffa ti aspetto 🙂