Baltico

Ho fermato la mano. Non le ho consentito di venirti a sfiorare il naso.

Siamo sull’autobus delle sette e mezza. Io e te, che sei seduta al mio fianco. Davanti a noi c’è un pensionato con la sporta delle spese, che ci dà le spalle e pensa a leggere di sottecchi i titoli del giornale del vicino. Due sedie più in là, due studenti si raccontano, nelle orecchie le cuffiette dell’Ipod. Sono accesi quei cosi, mi chiedo. E se sono accesi, come si sentono quei due mentre si parlano? Mica urlano, anzi si sorridono e parlano piano piano. Forse è l’intesa che non li rende sordi.

Io e te, invece, siamo qua su questi seggiolini, che sobbalzano sulle rotaie del tram; stiamo zitti e non parliamo. Manco ci guardiamo. O meglio te non mi guardi. Io, invece, sì, ti sbircio di nascosto. Non c’è intesa, manco sappiamo come ci chiamiamo.

I nostri occhi però si conoscono; ci vediamo da settimane sempre alla stessa ora sullo stesso bus. E allora penso, mentre tengo a bada la mano, che io ad una donna come te lascerei anche il vezzo di darmi il nome che vuoi. Mi chiamo Mario, io, ma se te vuoi mi puoi anche chiamare Vittorio o Giulio o Salvatore. Potresti chiamarmi come l’oceano, Atlantico. O come il mare, Baltico.

Forse senti quello che ti sto dicendo, perché mi lanci uno sguardo con la coda dell’occhio e poi torni a leggere. Non è male Baltico, si intona con il freddo di questa mano che blocca la sorella che ha voglia di venirti a sfiorare la linea del naso  e scendere giù di lato per accarezzarti il viso, piano.

Ma  non sta bene. Non c’è intesa e manco una conoscenza tale da consentire un contatto che non sia casuale, uno sfioro non voluto, salendo o scendendo dal bus o sistemandosi sul seggiolino.

Io voglio un contatto diverso e mi trattengo e fermo questa mano e la tengo stretta sotto il braccio per impedirle di muoversi verso di te. Che non so che nome hai…ma non importa.

Te che hai guance che bacerei volentieri e leggi libri che io ho già letto e le parole le conosco a memoria e potrei sussurrartele dal tramonto fino al mezzogiorno, senza stancarmi. Mi basterebbe in cambio un tuo sguardo, silenzioso. Un alzarsi lieve dell’angolo della bocca. Non serve che mi parli, mi basta che mi riconosci. Spero tu abbia un nome lieve e corto, come Anna o Agata. Mi piace tanto Agata. Avrei chiamato mia figlia così se solo ci fosse stata una figlia, pronta ad uscire con me da letti sfatti e diventati troppo in fretta freddi. 

No te fredda non lo sei, Agata, ma toccarti mi è vietato. Parlarti? Non saprei da dove cominciare. Per dirti cosa poi? Che hai un naso bellissimo e uno sguardo dolce, che pare perso nel cielo? Che hai una mano gentile? Che non ti servono le unghie laccate, per esser elegante? Che quando mi respiri qui a fianco, io, mi sento in pace? E quando te ne vai e io sto qui a respirare, da solo, la mia mano, quella che ora nascondo sotto questo braccio, si agita e non si abitua al fatto che non ci sei più.

Come faccio a dirtelo che la mia mano ti ama?

  1. Se solo quella mano avesse saputo trovare il coraggio…forse Agata l’avrebbe stretta forte a se. O forse no.
    Quante pene per chi sa amare.

  2. Mirco Distri

    Ciao Mitia …

    Oggi passando per FB ho visto il link e sono venuto nuovamente a trovarti, mi lasci sempre senza parole, io che parlerei in continuazione.
    Giorni strani questi miei, ed in questi giorni strani Te ne vieni fuori con un racconto così, non puoi capire, ma le sensazioni che mi scateni dentro sono incredibili e meravigliose.
    Grazie Mitia, non smettere mai di farci sognare, di farci sentire un po’ simili ed estremamente Vivi.
    Ti abbraccio spero di poterti rivedere presto.

    Tschüß

    Mirco

  3. Che te lo dico a fare che questo racconto mi ricorda De André che canta Brassens che musica Pol?

    E allora ti dico, semplicemente, che vorrei sapere scriverle io, queste storie di quotidianità. Che vorrei sapere descrivere cosa succede quando le mani si innamorano.

    Ma anche questo, anche che sei brava lo sai già. E allora taccio.

  4. Lo dice attraverso le tue parole… e magari una voce.
    Che vento che tira in questo pezzo…

  5. michiamomitia

    tira vento? vero? sì sì. E per fortuna che c’è

Lascia un commento


NOTA - Puoi usare questiHTML tag e attributi:
<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>