Click.
Sandra Franti accese la luce dell’abat-jour sul comodino e cercò l’orologio. Le 6.10. Decisamente troppo presto per alzarsi dal letto. Qualcosa l’aveva svegliata. Un brutto sogno, pensò. E gli tornò in mente l’inchiostro simpatico e la lettera di Frescobaldi. Non era al sicuro, si disse. Anche se il boss era in galera, da dentro il carcere poteva comunque comunicare con l’esterno e se voleva l’ordine, qualsiasi esso fosse, poteva arrivare. Spezzategli una gamba. Fatele fare un bel testa-coda. E’ così facile simulare un incidente. Violentatela. L’ordine poteva essere un avvertimento o una punizione; dopo una lettera simile, Sandra si aspettava che qualcosa dovesse accadere. Presto o tardi.Ma erano le 6.10 del mattino e dalle persiane filtrava ancora il buio e tanto valeva restare a letto, sotto il lenzuolo, a sperare che non arrivasse l’uomo nero. No.
Frescobaldi non poteva sapere dell’uomo nero, quello che da anni tormentava le notti di Sandra. Compariva nel sonno profondo quando voleva, si insinuava con la mano guantata tra le lenzuola, stringeva il suo seno, sempre il destro, con mano avida e poi le sfiorava le labbra…e le tranciava la gola di netto con una coltellata. Un colpo secco, un fiotto di sangue scuro, il tempo di mollare un respiro profondo e Sandra si sentiva morire. Poi si svegliava sudata e per capire che era viva aveva solo una possibilità. Masturbarsi.
Driiin.
Il cellulare di Sandra cominciò a suonare alle 6.35 e lei si svegliò dal torpore di quel sonno veloce che pareva esser durato ore.
“Ciao, scusa l’ora. Ma ho chiamato appena ho potuto. Sandra, come stai? Vengo lì tra dieci minuti”.
Il commissario Santi aveva la voce di chi aveva passato la notte in piedi.
Sandra mugolò un sì mentre si puliva la bocca di bava notturna e si alzò, anche se controvoglia. Non le andava di farsi trovare scompigliata e con la faccia assonnata. Santi le era sempre piaciuto ma non avevano mai instaurato quel livello di amicizia che permette ad una quarantenne di mostrarsi senza trucco di prima mattina ad un commissario di 44 anni. Piacente e single. Dettagli mai trascurabili, nonostante la conoscenza oramai ventennale e più di una cena, finita a ridere con la faccia premuta sul tavolo per i troppi rum.
E così Sandra avanzò verso il bagno per sciacquarsi il viso, indossare la vestaglia lasciata appesa alla porta, sistemarsi al volo le sopracciglia e passarsi sul viso un velo di crema antirughe, tanto per migliorare il migliorabile. Se c’era un migliorabile, a quell’ora…
“Grazie di esser venuto, Paolo. Ho preparato il caffé. Ne vuoi?”
“Sì, Sandra, ne ho bisogno. Siamo stati tutta la serata in un furgone, impegnati in attività di monitoraggio, per una indagine. Quando ho letto il tuo sms, mi sono detto che ti serviva una mano, subito”.
“Eh, voi poliziotti avete uno strano concetto del subito _ rise lei, mentre portava a tavola la caffettiera bollente _ il messaggino è di sette ore fa. Poi ti lamenti perché nessuna ti vuole…”.
“Beh, non potevo lasciare l’attività senza un superiore di controllo e quello ero io. Quindi…E pure a te mica ti vogliono, siamo sempre pari” ribatté lui, facendole l’occhiolino.
“Sì, sì, va bene. Capisco. Tanto, fino a prova contraria, le lettere mica ammazzano”.
“No, ma mettono paura, a volte. Hai dormito?”.
“Poco e male. Se non sapessi chi è Frescobaldi, il giro che comanda a bacchetta e come spara, non me ne fregherebbe poi molto”.
“Hai ragione, non è una lettera da prendere sotto gamba questa _ la interruppe Paolo mentre rigirava tra le mani il foglio, tenendo la carta con una salvietta per evitare di contaminarla _ Domani la mando alla Scientifica, così la analizzano. Convoco l’avvocato e gli chiedo conto di questa cosa e lo avviso che le minacce sono un reato anche per i principi del foro”.
“A me basta che non arrivi altro, in futuro”, tagliò corto lei.
Fruuu.
La vestaglia di Sandra, che scivolava sulla sedia mentre lei si alzava per prendere i biscotti, attirò l’attenzione di Paolo Santi. Non aveva mai visto la sua amica giornalista senza trucco e senza i suoi immancabili jeans. I capelli sciolti, senza trucco e occhiali neri. Pareva una donna diversa, la Franti. La fissò attentamente. Non era la dura che diceva di essere, era una ragazza _ si disse _ che di notte si nascondeva sotto le coperte al buio e magari sognava l’uomo nero. Quello che arriva, senza faccia, e fa male. Tanto.
Paolo seguì con lo sguardo i movimenti dell’amica, intenta ad aprire il pacco di biscotti. Lo strappo della carta a mani nude pareva impresa da supereroi e Sandra muoveva invano le mani agitate. Paolo si alzò per aiutarla, prese le forbici vicino ai fornelli. Le arrivò alle spalle e la vide piccola, indifesa, davanti a lui. Con una mano le mise le forbici davanti ma piantò anche l’altra sul marmo della cucina, avvolgendola tra braccia e petto, bloccandola tra le sue mani. Le annusò i capelli; sapevano di cocco e vaniglia. Sandra rimase immobile, stupita da un simile gesto. Paolo, di colpo, la prese per i fianchi, facendola girare verso di lui. La fissò un attimo, sorrise e poi accostò le labbra alla sua bocca. Un bacio a denti stretti, poi lasciò che la lingua si facesse strada e quando incontrò quella di Sandra, allora strinse più forte.
“Non aver paura”, le disse lui, aprendo la vestaglia. Sandra si limitò a chiudere gli occhi. Li riaprì solo quando si ritrovò con la guancia a strusciare, avanti e indietro, il tavolo della cucina e si girò per vedere la faccia di Paolo che la penetrava e che le sorrideva. E non riuscì più a stare zitta. Doveva godere, forte. Fanculo all’uomo nero e a Frescobaldi. Nessuno poteva metterle paura.
Lei aveva Paolo. Che la montava, la mordeva sulla schiena, le dettava l’andatura e le chiedeva di dire che ne voleva ancora. E Sandra ne voleva, sì. Si risvegliarono alle 11, abbracciati sul letto. Lei con la testa sull’ombelico di lui. Paolo con i piedi di lei, sotto la guancia, come un cuscino. Li aveva baciati, finché non era crollato, travolto dal sonno.
“Sandra è tardi. Devo andare”, le disse Paolo, baciandola sulla bocca.
“Ci telefoniamo dopo?”, rispose lei, stropicciandosi gli occhi.
“Certo, così ti dico anche se l’avvocato viene domani in questura o no…A proposito, grazie”.
Mentre Paolo andava in bagno a rivestirsi, Sandra restò a letto, a ripetersi quel grazie, che sapeva di sperma, di sudore, di labbra morbide, di voglia tra le gambe. Mise la testa sotto il cuscino, per nascondere il sorriso ebete, quando lui rientrò in camera.
“Sandra, mi presti la macchina? Sono arrivato qui con la pattuglia, poi passi in questura e ti ridò le chiavi. Così magari pranziamo assieme”.
“Certo _ rispose lei, senza alzare la testa da sotto il cuscino, per paura di mostrar il sorriso troppo soddisfatto _ passo dopo in questura. E’ parcheggiata davanti al portone, è la Punto blu. Le chiavi sono sul mobiletto all’ingresso”. Paolo le baciò i piedi, le accarezzò le gambe. E se ne andò.
Sandra sentì la porta chiudersi alle sue spalle, tolse il cuscino da sopra la testa e allargò le braccia e le gambe, prendendo possesso di tutto il letto. E scoppiò in una risata, felice e soddisfatta di quel sesso gioioso. Senza una parola di troppo. Il pudore del dopo, del dirsi se si sarebbero rivisti o no, voluti di nuovo o dimenticati, poteva aspettare.
Click.
Paolo girò la chiave nell’accensione della Punto blu e sentì quel rumore muto, come di qualcosa che si stacca. Pensò ad un problema di avviamento del motorino elettrico e girò la chiave di nuovo. Nel frattempo si guardò attraverso lo specchietto retrovisore e si sorrise. Era stato bello. Lei era bella.
Click.
Poi vide la fiammata uscire dal cofano e entrargli dentro gli occhi.
E non sentì più niente.
mmm… che voglia di sesso mi hai fatto venire di buon mattino! 🙂
ostia! 🙂
Bello, caldo, e crudele… signora del noir.
detto da lei… mi tocca far l’inchino 🙂
però hai l’ora sbagliata: erano le 7.55!
anzi le 8.55 (scusa)
ma no! erano le 11
ma bello bello eh! mi è piaciuto molto