Io li ho visti, mamma e papà, fare quella cosa. Loro parlano sottovoce e lo chiamano amore. E’ un bel nome. Non c’è dubbio. Loro sono bravi coi nomi, a me mi hanno dato quello di Isidoro. Ma mi chiamano Doro. Che suona, se vuoi, come D apostrofo Oro , che sembra che sono prezioso, io.
E invece sono solo trasparente.
Me lo hanno raccontato, mamma e papà, come sono nato. Dall’amore, mi hanno detto, e mi hanno pure spiegato come hanno fatto. Deve essere stata una giornata lunga, come quando fai il pane, che prima prepari la farina e la lasci respirare, poi ci metti l’acqua e cominci a impastare, con le mani, che devi averci ritmo e potenza, e sapere dove mettere le mani e andare via sicuro, magari anche se dentro tentenni, devi averci tanta voglia, di stare là ad impastare. E poi devi riposare, te e la pasta. Devi lasciarle il tempo di gonfiarsi, col lievito, e aspettare e poi dare un’altra impastata e poi via spezzare l’impasto e far le parti giuste, grandi come il palmo della mano, e in forno, al caldo. E poi puoi solo aspettare. E godere del profumo che arriva, prima lento, e poi potente.
Far l’amore, per noi trasparenti, è come fare il pane, hanno detto mamma e papà. Avevano voglia di raccontare, dopo mesi che io chiedevo e loro sorridevano e arrossivano a tavola così tanto che gli vedevo l’intestino borbottare. Che a noi, si vede tutto.
Amelia e Rodolfo, così si chiamano papà e mamma, mi hanno detto che farmi nascere è stato come fare il pane. Che erano a casa e stavano ascoltando la musica e si sono messi a ballare. Erano un po’ più giovani di adesso, e ballando, stando dietro al ritmo, si sono spogliati che volevano vedersi trasparenti. Lei si è messa attaccata al muro e guardava papà spogliarsi e vedeva la trasparenza, sotto, e ne sentiva la bellezza, e allora si è aperta la camicetta e ha messo la mano sotto e si è presa il cuore in mano, che pulsava caldo, e glielo ha passato. E lui ha preso con la destra il cuore di lei e con la sinistra, che è mancino papà, ha tirato fuori il suo e le ha detto: “Lo vuoi?”. E lei ha annuito. E così si sono scambiati i cuori e quelli stanno ancora là, uno nel petto dell’altra, a rintoccare, a ritmo. Secondo me, si chiamano, a vicenda.
E poi dal cuore son passati al polmone e la milza e il fegato, e via di scambio, e ancora la lingua, un braccio, la gamba sinistra. Uno di fianco all’altra, attaccati al muro, si guardavano con i loro pezzi mischiati, dentro, e mamma mi ha raccontato che qualcosa, forse il pancreas di lui, che ce l’aveva dentro lei, le ha parlato e le ha detto di impastare e allora lei si è toccata, dai capelli ai piedi, e mescolava tutti quegli organi che non erano suoi ma lo erano diventati, e papà fremeva, che si sentiva tutto rovesciato dentro, e anche lui ha cominciato a fare la stessa cosa e alla fine avevano voglia di attaccarsi, cuore con cuore, polmone con polmone, pancreas con pancreas, milza con milza. E son finiti sul pavimento, attaccati.
Di due cuori, mi hanno raccontano, ridendo, ne hanno fatto uno solo. E sono nato io. Doro.
Ho due cuori, uno attaccato all’altro, che battono uno dietro l’altro. Solo in ospedale si sono accorti del doppio battito, quando mi volevo iscrivere a nuoto e dovevo fare la visita per la sana e robusta costituzione, sennò in squadra non mi prendevano, anche se sono bravo. Il medico mi ha detto che io non posso nuotare, che con il doppio battito, rischio. Cosa? Non lo so, ha detto che ha paura che mi spengo.
Io sono uscito dall’ospedale triste, che volevo tanto nuotare come le rane e quello non mi ha dato il permesso. Ma a casa mamma e papà mi hanno spiegato perché ho quel doppio battito e mi hanno detto anche che per noi trasparenti, figli di trasparenti, nipoti e bisnipoti di trasparenti, è una cosa normale. Solo che viviamo tra persone che trasparenti non sono, e questa cosa mica la capiscono e visto che loro sono di più, di numero, pensano che l’anormale è chi ha un doppio cuore e non un cuore solo.
Noi trasparenti, mi hanno detto i miei, siamo rimasti in pochi. La gente, mi hanno raccontato, ad un certo punto, non so in che secolo, ha avuto paura della trasparenza, del fatto che sotto i vestiti si vede tutto. I miei antenati sono scappati o li hanno uccisi, per paura. Loro, quelli con un cuore solo, sono i figli di quelli che hanno scelto di non essere trasparenti come noi. Si sono vestiti e hanno fatto sparire i colori. Quelli la pensano così: se sei colorato, si vede tutto e non sta bene.
Io ho detto a mamma e papà, dopo che mi hanno raccontato di come sono nato io, che sono stanco di girare sempre vestito, fuori casa. Ho capito che è per star tranquillo, ma non mi va. Io quando sento i primi raggi del sole, in primavera, voglio correre sull’erba e diventare verde come lei, e poi sdraiarmi e diventare rosa e poi fucsia e osservare la rana laggiù in fondo, vicino allo stagno e diventare blu. Io sono bravissimo, a diventare blu. Ma posso farlo solo nella mia cameretta. E senza rana, mica è la stessa cosa. Fuori casa non posso giocare coi colori. Altrimenti, dicono i miei, gli altri mi farebbero del male.
Enza, la mia compagna della scuola, a casa non può venire e quindi non le posso mostrare come divento blu. A casa i miei stanno trasparenti e hanno paura che se lei li vede così, prende paura. Io gliel’ho detto a Enza, come faccio, che penso alle rane e all’erba e al raggio di sole, ma ho visto che lei non ci crede, che pensa che sono tutte fantasie. Io la sua faccia strana l’ho notata e mi piacerebbe stupirla e farle cambiare espressione. Farla sedere, spalle al muro e mettermi a ballare e poi diventare fucsia di colpo e poi blu. La scena me la faccio io in testa, da solo, nella mia cameretta, quando mamma e papà mi salutano e vanno a dormire. Che poi mica è vero. Io li sento ridere, di là, e sento il mio doppio cuore che sobbalza con loro e penso che Enza dovrebbe starci qui, a vedermi cambiare di colore. Io potrei donarle il mio doppio cuore. Che lei è bella come una trasparente, anche se non lo sa. Poi mi immagino che lei sorrida e provi a togliersi il suo, di cuore, ma se non sei trasparente, mica è facile. Esce sangue, si sporca tutto, fa male. E quando arrivo a quel punto, che ho il mio doppio cuore in mano, e la guardo, così bella che mi spiace che non è come me, spengo il doppio battito. Con un click.
beh, questo è… sono senza parole! Meraviglioso! Anche di più.
… dicevo: bello per la leggerezza, per come viene vista la trasparenza, il capire ciò che ci circonda e diventarlo…
Come fai? Sono innamorata delle tue storie, racconti con una levità …., beh! come detto sopra sono senza parole.
Vengo dal blog di Mitì! Che bella storia, bella da raccontare ai bambini! perchè è semplice, ma nello stesso tempo ricchissima di emozioni e di fantasia come solo i bambini hanno!
Ho letto solo questo, ma mi sa che sei speciale!
Un sorriso, Renata 😀