Le mie mani, su di te, le poserei a lungo, con pazienza. Per scoprire gli incavi nascosti, imparare la strada e non dimenticarla, per sentirti sorridere al buio delle mie ricerche e dei trabocchetti sotto pelle che hai preparato per mettermi in difficoltà e incitarmi alla scoperta, senza lampada ad olio ad illuminarmi la via più facile. Le mie mani, su di te, le poserei dolcemente, senza aggredire, scivolando sul velluto del tuo sentire e poi, spossata, mi lascerei percorrere come una strada, per vedere quanto sei bravo a scovarmi un infinito dentro in cui puoi perderti a tuo piacimento, in silenzio. Che alle mie mani non devi dire, né indicare, né suggerire e io alle tue lascerei la libertà di inventare. Devi solo intrecciar le tue dita alle mie e lasciar che la radice si formi, cerchi la via verso la terra, si dilati, pompando la linfa e la lasci scorrere e , in questo fluire, le parole escono senza il bisogno di dirle. E il fiato ci servirebbe solo a respirare e ne uscirebbero comunque inattese tonalità e punteggiature nuove. Potremmo lasciarle scivolare, tra le nostre dita, queste parole nuove; potremmo divertirci a lanciarle in aria tanta è la loro leggerezza e poi potremmo farle cadere, racchiuse una ad una in una goccia, sull’ombelico per giocare a farle correre, come si faceva in spiaggia con le biglie da bambini, formando i percorsi che vogliono lungo il petto e le gambe. Io potrei rincorrere le tue, imparando a starti dietro; tu potresti assaggiare le mie, scaldarle tra le mani fino a fonderle e farci quel che vuoi. Potresti passarmi attraverso e andar oltre, lasciandomi con una scottatura che pulsa ogni volta che mi torni in mente.
Le mie mani su di te
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